Ormai ci siamo. Mancano poche ore e la prima palla a due della settima edizione del Daimiloptu potrà finalmente essere alzata.
Per chi ha vissuto dietro le quinte questi mesi passati a preparare il grande evento, si tratta quasi di una liberazione. Il teatro principale diventa il campo da gioco, dopo che per troppo tempo lo sono state le scrivanie, gli uffici dei vari consolati, le sale riunioni dove si incontravano dirigenti, genitori, addetti stampa e tanti altri attori non protagonisti. Ora tocca a loro, i veri protagonisti, i ragazzi che sudano, corrono, soffrono e gioiscono, si incupiscono e poi ridono per lo sport che tanto amano. È tempo di “giocare”. Finalmente.
È quello che accade ogni anno, ed è giusto che sia così. È vero, gli allenatori si sgolano agitandosi a bordo campo, i genitori fanno il tifo e pensano (un po’ troppo) spesso alle mancate virtù arbitrali, i dirigenti sognano di portare qualche nuova coppa in bacheca. Ma la vera essenza di questo meraviglioso “gioco” chiamato pallacanestro, sono loro: i “giocatori”. Dieci ragazzi che partecipano fra conscio e inconscio ad una danza armoniosa, intensa, quasi mistica il cui ritmo è dettato dal suono del cuoio che rimbalza sulle tavole di legno di un rettangolo capace di racchiudere e sprigionare energia ed emozioni uniche. E adesso tocca a loro. È arrivato il momento tanto atteso. È il momento di fare sul serio. È il momento di “giocare”.
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